NON E’ CAMBIATO NULLA

Un giorno come un altro, perché festeggiarlo? Cosa cambia in un millesimo di secondo: comincia un nuovo giorno, inizia un nuovo mese, un nuovo anno, e allora? Noi non cambiamo.
31 dicembre 2022
Apro gli occhi e l’orologio segna le cinque, ultimamente non riesco a dormire, troppi pensieri, troppa ansia che sale soprattutto di notte, troppo dolore al ginocchio ma che non supera la paura di ritornare in sala operatoria, insomma, sono troppo anche per me stessa. Mi alzo per lasciare i pensieri nel letto, facendo piano per non svegliarli, e scendo in cucina seguita dal mio corteo di cani e gatti. Solito rituale: faccio uscire gli animali, accendo la macchinetta del caffè, vado a far pipì, carico una lavatrice, faccio rientrare gli animali, li sfamo, mi faccio il caffè e lo bevo così, amaro senza appoggiare la tazza sul tavolo, in piedi come se avessi fretta, ingurgito la mia manciata di farmaci e mi fumo una sigaretta, sono un paradosso, prendo i farmaci per scongiurare recidive e tamponare i danni delle terapie, per allungare la mia aspettativa di vita dicono i medici, e poi fumo perché in realtà non voglio una vita troppo lunga. Accendo la televisione per intontirmi di rassegne stampa, meteo e tg, il caffè mi ritorna su e lo stomaco brucia, ma lascio che accada, passerà. Uno dei miei difetti: sopporto tutto, riesco a tollerare e ad avere la pazienza dell’attesa che tutto passi, forse dovrei ribellarmi alla sopportazione e alla pazienza.
Comincio a rassettare i segni del rientro notturno della neo diciottenne: giacca mollata in cucina, pezzi di cibo sbocconcellati, bottiglie di acqua vuote, padella in cui è stato riscaldato qualcosa di unto, segnali che indicano che c’è. Ripulisco anche i disastri del cane che ha trovato il modo di svuotare il bidone dell’umido spargendolo equamente per tutta casa.Sono stanca di fare tutti i giorni le solite cose, ma le faccio. Stasera le figlie non ci sono, come è giusto che sia, e io che farò? Boh, ci penserò poi, ora ho bisogno di una doccia che mi svegli.
La doccia non mi ha svegliata un granchè, lo stomaco fa male e ora anche la pancia mi lancia segnali di dolore, ho bisogno di fermarmi sotto una coperta.
Intanto si sveglia la neo ventenne, altro giro di caffè con lei e lista delle commissioni che deve fare fuori per se e per me: da quando può guidare la mia auto per me è un sollievo e per lei è divertente sobbarcarsi di incarichi. Ma non sto bene, devo correre in bagno, forse qualcosa che mi ha fatto male, ma cosa? L’ansia?
Metto in mano alla neoventenne chiavi della macchina, lista e soldi, i miei ultimi soldi, 50 euro, dovevano bastarmi fino al 10 di gennaio, ma non bastano, non basteranno, nonostante abbia venduto le ultime cianfrusaglie d’oro che avevo, le spese questo mese sono state troppe e troppo costa vivere, ma non importa, qualcosa mi inventerò, e, visto che ho fatto salti mortali per risparmiare sulle troppe spese natalizie tanto da non essermi nemmeno concessa il lusso dell’acquisto di un panettone, le chiedo di comprarmi qualcosa di dolce, stasera non ho voglia di cucinare solo per ma ho voglia di sapori natalizi, che mi addolciscano e stemperino l’acidità che continua a invadere il mio stomaco.
La neodiciottenne si sveglia già nervosa: le fa male il collo, non riesce a muoverlo e si dispera, si dispera ma spera che le passi entro sera quindi, urlando, chiede l’intervento della madre che, mentre le prepara una borsa di acqua calda e un bicchiere di acqua e brufen, pensa che se ieri sera non fosse andata in discoteca vestita come Cat Woman forse sarebbe ancora a letto a godersi la pigrizia delle vacanze di Natale, ma i miei sono pensieri da madre quindi non vanno palesati per evitare discussioni che in questo momento sono inutili. Lei Brufen e io Imodium, ecco come ci trova la neoventenne tornata a casa con panettone, sacchetto della farmacia pieno e sigarette per me, cibo per il suo coniglio e pollo arrosto con crocchette per il pranzo.
Il pomeriggio lo passo a preparare cibo che la neodiciottenne mi ha ordinato come cena da condividere con le amiche stasera, a far la spola tra bagno e cucina, a imprecare per l’inefficacia dell’imodium e a urlare al cane che vorrebbe approfittare di una mia distrazione per far strage di cibo e spazzatura. Approfitto di un tempo medio di cottura per sdraiarmi sul divano con plaid, gatti ronfanti sulla pancia e tv ottenebrante, ma in tv parlano solo della morte del Papa Emerito (e nemmeno vale il detto “morto un Papa se ne fa un altro”) o passano film idioti sul Natale. Tra una fuga in bagno, una in cucina e una sul divano sento il suono dei messaggi di gruppo whattsapp, non mi precipito a guardare il telefono perché l’unico gruppo che ho è quello delle mamme della classe della neodiciottenne e non sono proprio in vena di contraccambiare auguri sul nuovo e migliore anno intervallati da problematiche sulla gita scolastica, ma chi, come me, è cresciuto nell’epoca in cui il telefono aveva solo tasti, cornetta e filo attaccato al muro che lo rendeva poco portatile come è sopravvissuto? I genitori non si conoscevano nemmeno, siamo sopravvissuti e, forse, pure cresciuti con maggior senso di responsabilità.
Poi prendo in mano il telefono e vedo che la notifica è di un gruppo in cui mi hanno appena messa. Ansia, tristezza, amarezza, delusione, sono stata travolta da mille emozioni negative, speravo di non avere più a che fare con alcune persone del passato e invece, senza rendersene conto mi hanno messa tra persone che erano amiche, pure storiche, pure care, ma che quando mi sono arrivate mazzate di vita pesanti ( tradimento e sortita del marito, scoperta di due carcinomi e decisione di mia sorella di non parlarmi più), tutte insieme, come se la merda fosse infinita e senza possibilità di una piccola pausa da imodium, quando mi sentivo persa, abbandonata, fragile, confusa, disperata e sola nell’affrontare i problemi, quelli seri, quelli veri, quelli che spesso non trovano soluzione, mi hanno voltato le spalle usando un gruppo whattsapp ad hoc in cui ognuna di loro esprimeva il proprio disappunto sul mio comportamento pessimista, non mi occupavo più dei loro problemi e questo non andava bene, non servivo più come confort friend, anche loro avevano vite complicate, felici ma complicate, quindi mi è stato dato il benservito e ciaone…per me è stato più doloroso del tradimento coniugale e ora mi ritrovo in un cavolo di gruppo whattsapp con loro, e non ho voglia di augurare buon anno, non ho voglia di chiedere come va, non ho voglia di sentirmi ancora l’amica che deve solo sorridere sempre e comunque, che deve tenersi tutto dentro per non ledere la serenità altrui, che non può esprimere sentimenti negativi perché sono fissazioni di cui posso fare a meno.
Rimpiango il gruppo mamme di scuola.
Intanto la neoventenne è pronta per andare, passerà la serata a casa di amici e vogliono cominciare presto perché c’è anche da cucinare, io un po’ meno pronta per accompagnarla ( non vuole prendere la mia auto perché ha paura che al rientro la fermino per alcool test…), ho voglia di vomitare, di liberare la mia vita dai ricordi più brutti, ma, come sempre, mi faccio coraggio, affido il cane vecchio e terrorizzato dai botti alla neodiciottenne in modo che non scappi dalla paura, lasco fuori il canespazzaturadipendente in modo che non faccia disastri e vado.
Fuori brilla tutto, case, strade, cielo e negozi già chiusi, tutto grida sfacciatamente che è capodanno, e allora, continuo a chiedermi, cosa vi cambia? Non si cambia cambiando data.
Lascio la neoventenne al suo destino, mi promette che mi farà saper l’ora per riprenderla e che non sarà l’alba, e mi dirigo verso casa, verso la luce di viali alberati e addobbati, apro i finestrini perché ho bisogno di aria e di vento che spazzi via i pensieri, ma la musica che ascolto mi prende a schiaffi ( https://youtu.be/Hhc2VJHX-xM ) e mi ricorda che la fine di questo anno coincide con la fine legalmente riconosciuta del mio matrimonio; quest’anno niente più ex marito che passa il capodanno con me per pietà nel sapermi sola, che poi sola lo ero di più visto che l’aria formale mi andava di traverso, i dialoghi, limitati al tempo, alle figlie al nulla, venivano intervallati da lunghi silenzi in cui io non guardavo la tv, lui chattava con l’amica di turno, apertura spumante a mezzanotte, auguri carissimi poi ognuno ritornava con la mente altrove e faticavo pure a svegliarlo dal sonno di chi è satollo di cibo, spumante e inciuci segreti in cui cadeva, tristezza tanta, ma quest’anno che sono davvero sola non sono triste, anzi, mi sento serena nell’esserlo, come un “finalmente faccio quello che voglio, anche niente”, ho solo quella parte di tristezza che rimarrà per sempre nel mio cuore per come è finito il nostro matrimonio, per i trent’anni di bugie a cui ho sempre ciecamente creduto, per l’accorgermi solo ora che non era quella la normalità, per, soprattutto, la mancanza di un “mi dispiace”, sincero e non formale, al momento della separazione, perché quel giorno per me è stato triste, come il funerale di una persona cara, triste per l’asetticità e la velocità con cui le promesse “per sempre” vengono annullate e via, liberi tutti, nel bene e nel male, in salute e in malattia.
Rientro a casa per buttar fuori tutto l’amaro che avevo dentro, la neodiciottenne è quasi pronta, insieme a lei c’è la sua amica, incarto le teglie di pasta al forno, aggiungo bustine di brufen per il suo collo e comincio con le raccomandazioni che una madre deve fare fare pur sapendo che sono inutili. Già che ci sono le chiedo consiglio su come comportarmi su questo gruppo whattsapp in cui mi hanno messa ( essendo lei estremamente razionale spesso ho bisogno di un suo giudizio per scendere dalle nuvole), si ricorda di quelle mie amiche, si ricorda bene di quel periodo, mi consiglia di non scrivere niente, nemmeno di contraccambiare gli auguri fatti dall’ideatore del gruppo, inconsapevole dell’ansia provocatami, ok, accetto il consiglio, lei mi guarda e mi dice “Mi raccomando mamma, non fare come tuo solito che poi scrivi messaggi lunghi, non fare la sottona, non rispondere!”
Baci, raccomandazioni e baci, promesse di farmi avere notizie per il rientro a casa il giorno dopo, non chiedo auguri o telefonate di mezzanotte, a quell’età non si deve pensare alla mamma in quella frazione di secondo in cui tutti credono che cambierà qualcosa, non cambia niente se cambia l’anno, non cambiamo di una virgola solo perché abbiamo aperto lo spumante e brindato.
Mi accoccolo sul divano, finalmente non ho impegni imminenti, rispondo ad alcuni messaggi e, si, sono masochista, invio il messaggio di risposta agli auguri sul gruppo da cui era stato inviato, le altre avevano già risposto e mancavo solo io quindi tacere sarebbe stato irrispettoso nei confronti di chi ci aveva riunite per augurarci buon anno e tanta felicità. Ascolto il messaggio del nostro Presidente della Repubblica alla nazione, il mio stomaco tace, forse tutto è sparito, ma stasera non credo ai cambiamenti repentini anche se Mattarella ci esorta ad andare avanti, ad accogliere il progresso, a non ripetere o esaltare un passato che non ci appartiene più e a me sembra che parli alla mia ansia, al mio problema col chiudere con ciò che era e non è più, caro Sergio in questo momento avrei bisogno di un padre come te, saggio , comprensivo ma esortativo. La mia serenità vacilla un pochino perché mi rendo conto che sono senza famiglia, che la mia famiglia sono le mie figlie e i miei animali, da troppi anni sono orfana e mi pesa perché ogni tanto vorrei rivestire i panni di figlia, vorrei sentirmi dire “non ti preoccupare, ci penso io a te”…
Cerco qualcosa da guardare in tv che non sia il solito show di capodanno ma nemmeno un film visto migliaia di volte, ma la ricerca è ardua quindi opto per lo streaming, un po’ sonnecchio, un po’ ascolto, mi arrivano gli auguri del mio padrone di casa che mi fanno ridere e che userò come immagine per questo post, intanto nel quartiere hanno deciso di anticipare i botti e il cane, quello anziano, cerca la fuga, ha l’ansia e mi sbava addosso, alzo il volume della tv per attutire il volume dei botti ma aumento solo la confusione sonora, che palle ‘sti botti! Arriva mezzanotte e me ne accorgo dall’intensificarsi dei suoni, dei fischi, dei boati, è andata, penso, e non è cambiato nulla, ma arriva subito, alle 00,02 il messaggio della neodiciottenne comprensivo di foto sua con amica e di cuoricini rossi, allora qualcosa è cambiato?
Mi faccio un caffè per arrivare sveglia all’ora in cui devo riprendere la neoventenne, mando gli auguri a mio fratello che mi risponde subito e mi strappa un sorriso, e poi a chi li mando? All’ex marito che sta festeggiando con compagna e famiglia? Non sarebbe presa bene, sarei travisata come sempre. Fino alle due sono stata a ripulire i disastri del cane vecchio che se la faceva addosso a ogni botto, a sistemare i disastri del cane spazzaturadipendente che si era dato alla masticazione della carta, brontolando ma sapendo che ciò mi distoglieva dai pensieri.
Poi un messaggio: “Vieni alle due”. La neoventenne ha mantenuto la promessa di non farmi uscire all’alba. Infilo i cani in macchina e parto. Li porto con me perché se li lascio in casa mi ritrovo altra roba da pulire, se li lascio in giardino e parte un botto, anche lontano, scappano anche ci fosse il filo spinato. Mi metto la musica, la strada non è deserta, c’è un via vai di auto ordinato che mi piace perché non mi fa sentire sola, intanto il canespazzaturadipendente comincia ad avere reazioni meteoritiche pesanti, quindi guido con entrambi i finestrini aperti, la musica a tutto volume e il mio canto stonato che si disperde nell’aria della notte con l’aria del cane.
Ho ripreso la neoventenne, insieme abbiamo chiamato la neodiciottenne che si, aveva ancora male al collo, ma in discoteca passa tutto. Io ho loro, e non vorrei che fossero diverse, penso di essere fortunata, loro mi amano così come sono, non devo stare a spiegare o a dargli il libretto di istruzioni per capire come sono fatta, sanno che sono affidabile, sincera, fedele e priva di invidia e odio, si, ogni tanto mi dicono che sono un po’ cogliona perché mi fido troppo e casco nelle balle altrui, ma se fossi diversa non sarei io.
Il messaggio che, nonostante il consiglio di non mandare della neodiciottenne, avevo mandato non ha suscitato nessuna reazione, nemmeno un come stai, o un ma allora sei sopravvissuta allo tzunami della tua vita, niente, come avrei voluto un “mi dispiace” dall’ex marito lo avrei voluto anche da loro, giusto per finire l’anno chiudendo il passato nella scatola dei casi risolti, invece è ancora un cold case produttore di ansia e di autolesionismo nel pensarlo ancora. Non è cambiato nulla, il tempo cambia solo le date non le persone.
Mi è piaciuto (anche se il verbo è inadeguato, lo so) il tuo racconto circoscritto.
Mi ha fatto riflettere e ritornare sul valore farlocco che attribuiamo a determinati momenti, ai segnaposto dell’esistenza che quando diventano tanti li guardi indietro e vedi quanto storta è andata la tua vita, alle scorciatoie che credevi di aver preso e invece ti hanno portato da tutt’altra parte, a volte persino contro a un muro.
Vorrei farti complimenti non formali per la tua capacità di spiegarti, che non è da tutti. E per il tuo coraggio, perchè quello puro e semplice è, e tanti credono di averlo e invece no.
Ho letto anche il pezzo su tuo padre, che un po’ mi ha ricordato il mio, che era un irresponsabile in grado di farti sorridere e se n’è andato esattamente sette anni fa.
Scrivi più spesso e insisti.
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Grazie per i complimenti non formali, per aver capito il senso di ciò che ho scritto e per l’esortazione a scrivere più spesso, non sono abituata ai complimenti e solitamente con ciò che scrivo, essendo tutta farina del sacco della mia vita ( quindi più che farina direi crusca 😂), creo malumore e sentimenti di offesa in chi legge e mi conosce, l’ipocrisia di questo mondo preferisce pensare a un buon e diverso anno nuovo, all’essere più buoni a Natale e al “ne usciremo migliori “ durante la pandemia…grazie chiunque tu sia, mi hai fatto sentire meno sbagliata
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‘mi dispiace’.
Scrivi molto bene, complimenti!
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