NOTTE ALTA…E SONO SVEGLIA

E’ ricominciata l’insonnia, quella brutta che ti tiene sveglia di notte e rintronata di giorno. Il caldo afoso di questa infinita estate modifica i ritmi quotidiani, modifica l’umore, i pensieri, le abitudini. Vado a letto tardi, già senza sonno, la stanza, nonostante ventilatore su comodino, porta del terrazzo spalancata e serranda alzata, sembra un forno statico, così mi piazzo accanto al ventilatore sperando che mi illuda, accendo la televisione, cerco programmi in cui parlino molto, di cose noiose, di notizie già sentite, le rassegne stampa alternate dai tg sono il meglio che si possa desiderare per addormentarsi, imposto un timer di spengimento di un paio di ore e, voltando le spalle al televisore, chiudo gli occhi, cercando di trasformare il suono delle parole in ninnananna. Solitamente è una strategia efficace, riesco ad addormentarmi, ma ultimamente non funziona, mi appisolo, mi risveglio dopo cinque minuti, cambio lato al cuscino, piazzo un altro cuscino sotto il mio perenne braccio dolorante, richiudo gli occhi, cerco di svuotare la mente concentrandomi sulle notizie di fantapolitica, ma poi passa uno scooter scoppiettante, il cane non più cucciolo abbaia dal terrazzo, la vecchietta (l’altro cane) si fa prendere dall’ansia per il rumore improvviso e comincia ad ansimare proprio davanti alla mia faccia, riapro gli occhi, tranquillizzo la vecchietta, redarguisco il non più cucciolo, spiumaccio un altro cuscino, allontano quello in uso perchè più accaldato di me, cerco rassicurazione nell’aria del ventilatore sperando che i pensieri si confondano in un vortice di aria tiepida che si perde nella stanza. Ultimamente i miei non sono pensieri, ma dubbi che dubitano di se stessi. Cerco di concentrarmi sull’aria del ventilatore che mi accarezza la pelle, ma anche questo mi fa pensare: ho sempre amato il vento, anche quello che solitamente l’istinto teme, amo l’aria in faccia, nei capelli, sulle braccia, mi accorgo che lo percepisco come una carezza, quindi vuol dire che ho carenza di carezze rassicuranti, quelle che ti fanno sentire al sicuro e si può abbassare la guardia per un pò perché qualcuno ti sta proteggendo dal mondo, dai brutti pensieri, dai dubbi di te stessa? Una porta sbatte dal piano terra, sicuramente è la diciassettenne che va a far scorta di acqua dal frigo ( e non ne rimette mai una bottiglia nuova), anche lei dorme poco di notte, ma non per insonnia, lei di notte sta al telefono con il suo ragazzo ( e se lo chiamo così dice che sono antica, non si dice più “avere il ragazzo”, lei “ha il tipo”, quindi, per prenderla in giro lo chiamo tipello), chiacchiera, ride, discute, si fa un panino e, sempre al telefono, ritorna in camera sua, sbattendo la porta e lasciando le luci delle scale accese. Beta gioventù, tra poco si addormenterà di botto, satolla di cibo, chiacchiere e cuoricini. All’improvviso sento delle calde vibrazioni sulla mia schiena, so che è il gatto, ma quale dei sei che ho? Mi giro e mi ritrovo un musetto grigio che si struscia sulla mia guancia, è Osvà, lui sente quando sono in modalità ansia, arriva come se avesse un radar e tra fusa e strusciamenti mi crea un effetto benessere immediato, anche se ultimamente ho il dubbio che arrivi perché attratto dal ventilatore, ma vabbè.
Guardo l’ora, sono già passate le due, reimposto il timer della tv, accendo la luce, i cani mi guardano come se si aspettassero di uscire, ma non ho intenzione di alzarmi, ho solo bisogno di cospargermi di crema per alleviare quel senso di bruciore che mi ha lasciato il fuoco di S.Antonio, so che è un breve sollievo, ma meglio di niente. In due anni due fuochi di S. Antonio, mi hanno detto che è stress, difese immunitarie bruciate con la terapia o sfiga, non si sa, però è bastardo e questo lo so. Faccio zapping, mi ci vorrebbe qualcosa di più soporifero di un tg, mi ci vorrebbe Marzullo, l’estremo rimedio di ogni insonnia, così premo il tasto 1 sperando di sentire, prima o poi, la sigla del programma. E’ notte alta e sono sveglio…ancora, ancora, ancora…
Ogni volta che sento quella canzone vengo catapultata nel 1981: avevo 11 anni quando a mia madre venne diagnosticato un cancro al seno, all’epoca la guarigione non aveva una percentuale statisticamente maggiore rispetto a quella della morte, così lei decise di andare là dove cominciavano a fare interventi e terapie più moderne, lontano da casa ma vicina alla sopravvivenza. Noi tre figli rimanemmo qualche mese soli, mio padre non c’era mai, tornava la sera o spariva con l’amante di turno, mio fratello, dall’alto dei suoi 15 anni, era l’addetto alla spesa, a far da riferimento alle sorelle, io ero la cuoca, mia sorella boh, forse apparecchiava, aveva poca voglia e si trincerava dietro un “non lo so fare”; la mattina andavamo a scuola, tornavamo a casa e trovavamo tutto pulito e in ordine grazie alla donna delle pulizie, poi cominciava la nostra giornata da ragazzini organizzati, con tanto di turni segnati sul calendario per lavare i piatti. Quando finalmente mia madre tornò a casa, distrutta e stanca, per me fu il giorno più bello della mia vita. Gli oncologi di Milano avevano dato istruzioni precise ai medici del nostro ospedale così da poter permettere a mia madre di fare la chemioterapia qui, terapia che all’epoca non facevano ovunque e, comunque, anche quella indicata non era ancora ben bilanciata e sperimentata come adesso. La mattina andava a lavorare ( insegnante severa ma appassionata), nel pomeriggio prendeva la macchina e andava a fare la flebo di cocktail farmacologico, tornava prima di cena, noi sapevamo che non si reggeva in piedi, quindi ci arrangiavamo mentre lei si andava a sdraiare a letto cercando di non vomitare. Una di quelle sere, proprio nel 1981, visto che la tv era anche in camera sua, avevamo deciso di farle compagnia guardando il festival di S.Remo, lei fece finta di esserne felice, sicuramente avrebbe voluto starsene in pace, al buio e nel silenzio, ma sapeva quanto ci era mancata, sapeva quanto avessimo bisogno di normalità e di lei, poi io sono sempre stata la sua cozza e ogni scusa era buona per starle vicino. Così i tre figli urlanti, ma a tono basso, perchè consapevoli, di 15, 12 e 11 anni seguivano un programma, che non amava, sdraiati accanto a lei, a rotazione le tenevamo la bacinella per vomitare, a rotazione la svuotavamo e la pulivamo, come se fosse la cosa più normale di questo mondo. Mio papà non c’era, ancora fuori con l’amante di turno, ancora fuori con la scusa di fantomatici congressi in, guarda caso, famose stazioni sciistiche, ma a noi importava che ci fosse lei…così, tra una canzone e l’altra, arrivò il turno di “Ancora” di Eduardo De Crescenzo ( canzone che, a parer mio, ha raggiunto il successo dopo molti anni, grazie a Marzullo), ogni volta che il cantante pronunciava la parola “ancora” mia madre vomitava, i conati seguivano il ritmo, sembrava un incitamento alla liberazione, quindi, nei giorni seguenti, dopo che aveva fatto la terapia, mentre vomitava l’anima, noi le cantavamo quella canzone mentre svuotavamo bacinelle.
La vita è strana, o noi, inconsciamente, ci ritroviamo a ripercorrere strade già battute nella nostra vita? Mi sono ritrovata anche io, con il cancro, con terapie devastanti, con figlie di 14 e 12 anni, con marito fuggito con l’amante…ho capito quanto amore per i propri figli scateni la forza per combattere e tener duro.
Spesso, di notte, ho talmente tanti ricordi che affiorano per un nonnulla, tanti pensieri che creano domande e mai aspettative (almeno questo ho imparato a farlo), che poi crollo, tardi, ma crollo, sperando di non sognare, sperando che i miei soliti incubi abbiano più sonno di me e che se ne stiano assopiti. Dalla notte alta all’alba è un attimo e mi ritrovo il muso del cane davanti alla mia faccia che con un secco “wof” mi dice che vuole uscire a far pipì, mi ritrovo gatti imploranti in fondo al letto che cercano, senza poca discrezione, di dirmi che sono finiti i croccantini, che è giorno e di giorno non si dorme, non si pensa, non si elucubra, perchè di giorno c’è la vita che mi tiene sveglia.
Veronica hai del talento!
È scritto molto bene, sai suscitare empatia ed emozioni.
Prendiamoci quel caffè prima o poi.
Un abbraccio.
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Grazie Erica! Un bel caffè ce lo meritiamo, quando vuoi…😘
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