TUTTO BENE

Qualche giorno fa, fuori dalla segreteria della scuola delle mie figlie, ho incontrato una mia conoscente ( dopo le fregature e dolorose delusioni date da amiche ventennali la parola “amica” la uso con parsimonia) che non vedevo da qualche anno che mi ha chiesto:
-Ciao, come stai?
– Bene, grazie, a parte questo caldo che mi rende nervosa e mi fa gonfiare il braccio…
– Hai sempre avuto problemi con il braccio, me lo ricordo…
In una frazione di secondo, mentre rispondevo “bene”, mi sono passati davanti gli ultimi anni, proprio quelli passati dall’ultima volta che l’avevo vista, quindi “bene” era la risposta giusta? O dovevo rispondere così:
” Per me stare bene è riuscire ad arrivare a fine giornata, non ho sempre avuto problemi con il mio braccio, sono cominciati da quando è stato privato dei suoi linfonodi, perché, non lo sai? Non sai che quella mattina di qualche anno fa, dopo aver ricevuto una raccomandata, firmata da mia sorella e mio fratello, da parte dell’avvocato che TU hai consigliato ai miei parenti, in cui mi si chiedeva di togliermi dalle balle, mi si sottolineava la magnanimità e la pazienza avuta dai miei fratelli nel permettermi di abitare in un terzo di una casa, che per un terzo è anche mia, costringendo così i poveri coeredi a non trarre benefici economici dal bene comune ( ma venderla no, non era una scelta giusta per mia sorella…), proprio quella mattina, con le lacrime strozzate in gola per le pugnalate mandate via whatsapp dall’amante di quello che era mio marito, mi hanno diagnosticato il cancro, anzi due, anzi, due più un grosso oggetto non ancora definito ma non asportabile. Non lo sapevi? Eppure avresti dovuto saperlo…Non sai, quindi, nemmeno del terrore, della fatica, della ricerca di forze che mi facessero uscire dal letame sotto cui mi avevano ricoperta? Non sai quanto sia stato difficile vivere due settimane con un aggeggio, chiamato drenaggio, attaccato al mio corpo per evitare infezioni e complicazioni e poi trovarsi con infezioni e complicazioni e, sempre da sola come un cane, portare le palle tutti i giorni in ospedale per essere siringata, medicata e redarguita sul fatto che io non potessi guidare, muovermi, fare sforzi e sudare in pieno agosto? Hai trovato appassionante il racconto su come le mie amiche storiche mi abbiano dato il ben servito perché, a parer loro, ero troppo concentrata sui miei problemi e non stavo al passo con le loro esigenze? Ti hanno messa al corrente di come sia riuscita ad affrontare terapie devastanti, effetti collaterali dei farmaci bastardi quanto bastardo è quello che devono combattere, le polmoniti ricorrenti e a gestire da sola due figlie non ancora abbastanza grandi da potersela cavare senza di me? Non ti hanno raccontato di quanto abbia lottato per far si che le parole “carcinomi” e “metastasi” non mi provocassero attacchi di panico per l’incertezza della certezza di un futuro? Dimmi, dimmi, ti hanno spiegato perché ho affrontato tutto da sola? Ti hanno detto come mai, cotta e bruciata dalla radioterapia, arrivavo a casa la sera trovando le figlie sole e affamate che non potevano capire cosa mi stesse succedendo? Ah, no? Beh, chiedi alla tua cara amica, perché lei sa di non sapere e di non aver voluto sapere. Ora sto bene? Dai, diciamo che ho molto spirito di sopportazione, però, in questo momento, non vedo l’ora di tornarmene a casa, non solo per sfogare il pianto provocatomi dalla segretaria della scuola quando mi ha detto che le mie nipoti a settembre cominceranno il liceo ( appena sento parlare di loro piango, mia sorella non me le fa vedere da anni, non ho ancora capito il perché, cosa abbia fatto di così brutto da essere considerata come già morta…forse a te lo ha detto?) ma anche perché il dolore che ho al braccio è davvero diventato insopportabile e l’unica cosa che può lenirlo è un farmaco che mi hanno dato i medici, ma è un oppiaceo, a dire il vero ottimo anche per i costanti dolori alle ossa che mi provocano altri farmaci, ma non ne voglio abusare, lo prendo solo quando proprio non riesco nemmeno a camminare perchè mi lascia stordita tutto il giorno e come faccio a vivere stordita con due figlie da gestire? Come faccio ad abbassare la guardia e a dormire quando la sedicenne esce la sera bardata di sguardo di una che ti dice solo un terzo di verità? Aspetto il momento in cui posso permettermi di stordirmi e lo prendo, nel frattempo stringo i denti e resisto, come sempre, io resisto agli urti della vita, ai pregiudizi e preconcetti che incontro ogni giorno, resisto alla fama di “persona cattiva” che ho raggiunto grazie ai miei parenti, resisto, si, ma a forza di ammaccature sono un catorcio ed è vita?”
Quindi come sto?
Bene, ma non benissimo.