LA STAGIONE DELLE NESPOLE

Sabato scorso, poco prima di pranzo, il campanello di casa ha suonato quasi perentoriamente, mi sono affacciata e, con mia somma sorpresa, mi sono ritrovata la vicina: categoria villeggianti che non hanno mai seguito le disposizioni per gli spostamenti e tantomeno hanno mai seguito le regole di buon vicinato, almeno da quando mi sono trasferita in questa casa, ma le voci del vicinato narrano di comportamenti arroganti e maleducati che si perpetuano da anni, tanto da non aver rapporti amichevoli con nessun abitante del quartiere; la signora in questione se ne stava fuori dal cancello con mascherina fashion e piatto di nespole in mano, mah…Mi sono avvicinata e la signora, con tono mieloso, mi dice che aveva appena colto le nespole da un albero antico che sua madre ha in giardino ( ma se da più di tre giorni si era stabilita qui come avrebbe fatto a coglierle, con il pensiero?), buone, mi rassicura, speciali, sottolinea, un modo carino per mantenere un rapporto di buon vicinato visto che io sono la nuova arrivata, mi sviolina anche un bel “ma come sta bene, la vedo pure dimagrita!” che mi ha lasciata perplessa visto le sedute culinarie incessanti perpetuate durante il lock down. Accetto, ringrazio, sorrido e saluto.

Effettivamente qualcosa non tornava, avevo persino pensato che le nespole fossero state raccolte tra quelle cadute per terra dell’albero che c’è nel giardino comunale che ha davanti casa, ma poi, tra le mille cose da fare, i miei pensieri sulla doc di tali frutti si sono persi nei meandri neurologici.

Giorni fa, parlando con un’altra mia vicina di casa con cui ho instaurato da subito un rapporto di amicizia, le racconto del mio dono da buon vicinato e, avendo lei già avuto a che fare negli anni con l’arroganza dei vicini villeggianti, si stupisce non poco. Tornata a casa incontra la sua vicina e racconta anche a lei l’evento nespole, quest’ultima ascolta la storia e poi spiega l’arcano della provenienza della frutta: quel sabato mattina una sua amica l’aveva chiamata per avvisarla che le aveva lasciato un piatto di nespole sopra il muretto del cancello, appena colte, un po’ bruttine ma buonissime, lei era andata subito a vedere ma non avendo trovato alcunché il pensiero che l’amica avesse sbagliato cancello le sembrava la soluzione migliore.

In questo momento sono fuori, in veranda, tra me e i buoni vicini c’è una siepe che cela la vista ma non attutisce i rumori, le conversazioni mi arrivano forti e chiare, anche quelle telefoniche, visto che usano esclusivamente il vivavoce, e qualcuno sta raccontando a un’amica della genialità avuta nel buggerare me e gli altri vicini.

Io rido, non posso fare altro, la situazione è comica, ma mi chiedo anche come si possa arrivare a tanto, perché poi farlo, e chissà quante belle fregature queste care persone hanno dato nella loro vita, e mentre rifletto vedo un filippino triste che pulisce i vetri della finestra di camera loro e mi viene voglia di gridargli “scappa, vai via”, ma intanto la voce di lei lo redarguisce da dentro mentre la figlia racconta all’amica del suo favoloso aperitivo in un locale pieno di gente, quindici persone per tavolo, nessuno con mascherina perché era troppo scomoda, ed è stato fighissimo.

A cosa serve chiudere le regioni, dare regole da seguire, emanare decreti per la sicurezza sanitaria quando c’è chi, per indole, se ne frega del prossimo e pensa che l’illecito a loro sia lecito per diritto? Intanto tali fenomeni hanno già riempito le seconde case, le strade e le spiagge, come se fossero già alla fase tre o anche quattro, tanto i soldi per pagare l’eventuali multe ( che non riceveranno mai) li hanno, quindi il problema, per loro, non sussiste, per noi si, ma spero nel karma.

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